giovedì 11 agosto 2011

RISTORANTE BELLA ITALIA

    C’era una volta il ristorante Bella Italia, aveva qualche migliaio di coperti, al centro un grande tavolo dove sedeva un uomo che aveva  da tempo superato la settantina,  i capelli posticci, sorrideva  sempre, al suo tavolo sedevano solo ragazze belle e giovani.
    C’erano poi altri tavoli, in particolare in uno leggermente appartato vi erano seduti avventori vestiti di verde, erano o si sentivano diversi dagli altri, avevano  modi come dire un po’ rustici, ma mangiavano come gli altri, amavano la polenta sopra tutto, ma non disdegnavano la coda alla vaccinara, sulla pizza napoletana avevano qualche perplessità, data la provenienza, ma la ingoiavano senza problemi.
    Si notavano anche altri avventori, seduto in un seggiolone un tale con un corpo da bambino e la faccia da adulto sgradevole, un altro con pizzetto e occhi luciferini  che ad ogni portata gridava Viva l’Italia.
Poi un tizio con l’aria da professorino, biondino e con gli occhiali, di tanto in tanto chiedeva ai suoi vicini: chi paghevà il conto, qualcuno gli rispondeva: che ti frega troveremo chi paga.
    C’era anche un tavolo vuoto, ma apparecchiato, non si capiva se  abbandonato o  in attesa di nuovi clienti.
    Fuori dal ristorante milioni di persone premevano per entrare, di tanto in tanto la persona anziana usciva e tra una parte di applausi e una parte di fischi, rassicurava la massa, anche grazie ad una serie di schermi posti strategicamente in più punti, che si stava lavorando per allargare il ristorante, che presto ci sarebbero stati milioni di coperti in più.
    Poi veniva fuori il piccolino con la faccia odiosa, a chi gli chiedeva da mangiare rispondeva che erano dei cretini perché non sapevano procurarsi il cibo, lui da piccolo si nascondeva nelle cassette di frutta ai mercati generali, e mentre gli altri, sottopagati, li trasportavano, lui mangiava la frutta.
    Tra la folla presente capitava a volte che qualcuno morisse, allora l’avventore dagli occhi luciferini usciva dal ristorante e diceva che il tale aveva  dato la sua vita per la patria, poi tornava dentro e riprendeva a mangiare.
    L’anziano dai capelli posticci era quello che usciva più frequentemente per rassicurare la folla, gli applausi erano sempre di meno ed i fischi sempre di più, qualcuno gli faceva notare che la dispensa avrebbe potuto svuotarsi, ma lui affermava  che la dispensa era la più ricca d’Europa e forse del mondo, non si sarebbe mai svuotata.
    Poi un giorno venne fuori il tale con l’aria da professore, tutti  zittirono per ascoltare le sue parole, iniziò  a parlare con la sua erre moscia:
“cavi concittadini puvtoppo la dispensa si è svuotata, e noi non siamo in gvado di pagave il conto salatissimo che ci hanno pvesentato. Ma confidiamo nella vostvo amov di patvia. E il conto vevvà diviso in pavti uguali sia tva chi ha mangiato sia tva chi è stato digiuno.”
    La storia non dice come finì, qualcuno afferma che la folla inferocita divorò il professore con tutti gli occhiali, poi entrò nel ristorante a mangiò tutti gli avventori, sputando il parrucchino e il pizzetto da lucifero.    Sembra che si salvò solo il piccoletto, nonostante fosse stato abbellito con prezzemolo e limone in bocca, nessuno ebbe il coraggio di addentarlo, era troppo brutto.
     Altri dicono che la storia finì in maniera  diversa, il popolo abbassò la testa  e divenne schiavo dei mangiatori. 
    Altri ancora propendono per finali meno cruenti e drammatici.  


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